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Vergine che di sol vestita

Rubrica religiosa > Guarda la Stella

Guarda la stella, invoca Maria

di SERGIO GASPARI

Vergine che di sol vestita ...


«Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole piacesti sì che ’n te sua luce ascose [...]
soccorri a la mia guerra, ben ch’i’ sia terra e tu del ciel regina.
Vergine sola al mondo, senza esempio,
che ’l ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil, né seconda
santi pensieri, atti pietosi e casti.
Vergine pura, d’ogni parte intera
del tuo parto gentil figliuola et madre [...];
che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni;
Vergine chiara et stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella.
Vergine, in cui ho tutta mia speranza [...].
Fammi ché puoi, de la Sua gratia degno.
Non tardar ch’i’ son forse a l’ultimo anno.
Vergine humana et nemica d’orgoglio,
del comune principio amor t’induca.
Il dì s’appressa et non pote esser lunge,
sì corre il tempo et vola.
Raccomandami al tuo Figliuol, verace
homo et verace Dio, ch’accolga ’l mio spirito ultimo in pace»




Commento. Dante Alighieri, il sommo poeta, ci ha mostrato la Vergine glorificata accanto al Figlio risorto. Per la massima festa mariana dell’anno, l’Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto), vediamo un altro gigante della poesia: Francesco Petrarca (1304-1374), il più grande dei lirici italiani.

Notiamo subito la mirabile corrispondenza tra la festa del 15 agosto (la Donna che, rivestita di Cristo sole e coronata di dodici stelle, è assunta in cielo quale Regina alla destra del Figlio glorioso) e la Canzone alla Vergine di Petrarca: «Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle...». A lei, «già coronata nel supremo regno», il poeta supplice si rivolge: «Soccorri a la mia guerra [=travaglio interiore],/ ben ch’i’ sia terra e tu del ciel regina».

Grande umanista, poeta e scrittore in latino e in volgare, Petrarca, per vari aspetti, richiama Dante. Ambedue hanno lo sguardo fisso sulla Vergine, ne scrutano e ne cantano la bellezza: ma se la voce di Dante è estasiata e senza incrinature, quella di Petrarca è velata di pianto e stanca per l’incessante lotta, in cui è da sempre coinvolto, tra peccato e grazia. Per Dante, che confessa apertamente la sua devozione, Maria è il porto sicuro dell’uomo di fede, la stella nella navigazione tempestosa che fu la travagliata vita dell’altissimo poeta. Uomo ancora del Medio Evo nella consapevolezza cristiana di peccato e di grazia, Petrarca invece preannuncia il Rinascimento. Nel Canzoniere, sua opera principale, il problema centrale della vita interiore del poeta resta quel dissidio tra peccato e pentimento, richiamo etico cristiano e il fascino delle belle forme di Laura già sposata... Si comprende la definizione della Canzone alla Vergine data dal Carducci: «Canzone insieme e lauda, inno ed elegia. Come inno o lauda, è oggettiva, e canta le lodi della Vergine: come elegia o canzone, è soggettiva, e narra lo stato d’animo del poeta».

A differenza di Dante, Petrarca resta legato al dramma intimo e umano. Alla presenza della soprannaturale bellezza della Vergine, il poeta esamina la sua coscienza e avverte il bisogno del suo soccorso per un risveglio spirituale e la salvezza eterna. La Vergine cantata da Dante è l’ideale della contemplazione che affascina e conquista l’anima; la Vergine cui si rivolge Petrarca è il rifugio dei viandanti smarriti e imploranti. Ma il dissidio tra peccato e grazia viene risolto dalla preghiera a colei che è «refrigerio al cieco ardor [delle passioni] ch’avvampa / qui fra i mortali sciocchi», lirica che chiude il Canzoniere, ma anche la vita del poeta e ne segna la redenzione.

La Canzone alla Vergine è la più bella lirica della nostra letteratura. Alta arte formale, ma la pietas dell’animo, indubbiamente sincera, non raggiunge l’intensità della tensione spirituale di Dante. Per Dante, ancorato al Medioevo, Maria è la mediatrice universale; per Petrarca, che anticipa l’inquietudine dell’era moderna, è la propria mediatrice, che lo libera dai travagli degli amori umani, «le non domate passioni» (Attilio Momigliano) e ne sorregge l’anelito ad un amore più puro. Egli si rivolge alla Vergine con piena fiducia, donandole i più bei titoli che la Bibbia, la liturgia e i santi le abbiano mai dedicato.

La Canzone alla Vergine non ha il volo rapido e ardito di Dante, ma gli si accosta, talvolta si eleva alla stessa altezza. La mariologia di Petrarca è delineata in una serie di appellativi che mettono in risalto lo splendore e la missione altissima della Madre di Dio.

La grandezza unica. «Vergine bella, che di sol vestita, / coronata di stelle, al sommo Sole / piacesti sì che ’n te sua luce ascose», e segue una serie impressionante di titoli elogiativi: Vergine bella, Vergine saggia, Vergine pura, Vergine santa, Vergine unica e sola, Vergine chiara e stabile in eterno, Vergine sacra ed alma, Vergine benedetta, Vergine gloriosa e pia, Vergine dolce e pia. Ai titoli si intreccia la descrizione, eco precisa e fedele della dottrina ecclesiale, del ruolo unico della Vergine, «madre, figliuola e sposa» del Figlio e della sua mediazione verso i cristiani: «Per te pò la mia vita esser ioconda».

Ella è la sede dello Spirito Santo, «colui ch’amando in te si pose»; colei che, per la sua bellezza e purezza, infiamma il cielo: «Vergine sola al mondo, senza esempio, che ’l cielo di tue bellezze innamorasti, cui né prima fu simil, né seconda / santi pensieri, atti pietosi e casti»; l’Immacolata tuttasanta: «Vergine pura, d’ogni parte intera» e «d’ogni grazia piena»; Figlia e Madre di Dio: «Del tuo parto gentil figliuola e madre»; la gioia degli uomini: «’L pianto d’Eva in allegrezza torni»; guida sicura nel mare della vita: «Vergine chiara e stabile in eterno, / di questo tempestoso mare stella»; fonte di speranza certa e rincuorante: «Vergine, in cui ho tutta mia speranza»; colei che tutto può dal Figliuolo: «Fammi ché puoi, de la sua grazia degno».

Rifugio dei viandanti smarriti. La Vergine cantata da Dante è l’ideale della contemplaziome che affascina e conquista l’anima; la Vergine cui si rivolge Petrarca è il rifugio dei viandanti smarriti e imploranti. Fin dall’inizio della lirica si avverte nitida la voce insistente e fiduciosa del poeta: «Amor mi spinge a dir di te parole; / ma non so ’cominciar senza tu’ aita»; egli però è bisognoso del suo soccorso: «Invoco lei che ben sempre rispose, / chi la chiamò con fede».

Al flusso di luce sulla Vergine fa contrappunto il flusso di miseria del poeta. Più che abbatterlo, essa è un elemento che rafforza la sua speranza di aiuto: «Non guardar me, ma chi degnò crearme, / no ’l mio valor, ma l’alta sembianza / ch’è in me, ti muova a curar d’uom sì basso». Nonostante la sua indegnità, chiede di esser guardato nel suo naufragio: «Vergine, que’ belli occhi / che vider tristi» le piaghe «del tuo caro figlio, / volgi al mio dubio stato», perché riconduca i suoi passi sulla retta via: «Con le ginocchia de la mente inchine / prego che sia mia scorta / e la mia torta via drizzi a buon fine».

Invocazione per una buona morte. Preoccupato per la sua prossima fine, accorato prega: «Non tardar ch’i’ son forse a l’ultimo anno». Se fosse lecito, la invocherebbe come una dea: «Tu nostra Dea, / se dir lice e convensi». Allora si rivolge al suo amore umile e sollecito: «Vergine umana e nemica d’orgoglio [...] amor t’induca [...]. Il dì s’appressa e non pote esser lunge». Ma la materna protezione l’avvolge di consolante speranza: «Raccomandami al tuo Figliuol, verace / uomo e verace Dio, / ch’accolga ’l mio spirito ultimo in pace».

La Canzone alla Vergine, la «più bella poesia sorta da cuore cattolico alla Madonna» (Carducci), annota il letterato Giorgio Francini, è «sintesi estrema della storia di un’anima, introspezione severa sul fondo tremante della coscienza al pensiero della morte e del giudizio di Dio, man mano si distende e si placa nella rasserenante fiducia nella Vergine Madre intercedente».

Sergio Gaspari, smm

  




   

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