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Sacrario dello Spirito

Rubrica religiosa > Guarda la Stella

Guarda la stella, invoca Maria

 di SERGIO GASPARI

 
Sacrario dello Spirito
  


«È veramente beato il seno che ha portato te, o Dio e Figlio di Dio, signore degli Angeli, creatore del cielo e della terra, redentore del mondo! La figlia ha portato il Padre, la Vergine poverella ha portato il Figlio! O Cherubini, Serafini, Angeli e Arcangeli, con il volto abbassato e col capo chino, adorate riverentemente il tempio del Figlio di Dio, il sacrario dello Spirito Santo»
(in L. Gambero, Testi mariani del secondo millennio, 4. Autori medievali dell’Occidente, sec. XIII-XV, Città Nuova 1996, 149, cf 146-162; o in L. Gambero, Maria nel pensiero dei teologi medievali, San Paolo 2000, 241, cf 237-247).

Per questo mese di dicembre i
n preparazione al Natale abbiamo scelto un santo che nell’iconografia dal 1600 è rappresentato, come la Vergine, con Gesù bambino tra le sue braccia: è sant’Antonio di Padova (Lisbona ca. 1195-Padova 13 giugno 1231), maestro di dottrina spirituale e teologia mistica. Egli ci presenta la Madre verginale come «la figlia (che) ha portato il Padre» e «per mano di colei che (di Cristo) è figlia e madre», Dio ha salvato l’umanità; le schiere angeliche e i peccatori sono esortati a venerare la Madre, "arco fulgente" che unisce le nubi della gloria del cielo con la terra dei peccatori.


Cenni biografici. Antonio è il santo francescano più amato dopo il fondatore, san Francesco d’Assisi (oggi va aggiunto san Padre Pio da Pietrelcina, +1968). Personalità straordinariamente carismatica, Antonio è conosciuto popolarmente come grande taumaturgo, capace di ottenere da Dio favori miracolosi di ogni genere. Fu dichiarato santo da Gregorio IX il 30 maggio del 1232, neppure ad un anno dalla sua morte, avvenuta il 13 giugno dell’anno precedente, e proclamato "Dottore evangelico" della Chiesa nel 1946 da Pio XII, per lo zelo con cui predicò la parola del Vangelo. Chiamato da san Francesco "Il mio Vescovo" per la profondità della sua dottrina e l’efficacia della predicazione, si dedicò con successo all’insegnamento e in seguito prevalentemente alla predicazione. Alla teologia della mente egli ha saputo unire la teologia del cuore.


La sua riflessione sulla Vergine, dal carattere e finalità pastorali, sempre piena di calore e tutta pervasa di afflato mistico, è detta "cherigmatica": vuol essere un annuncio più che un insegnamento; gravita attorno alla verità basilare della maternità divina e verginale, ma tratta anche dell’Annunciazione, della mediazione e dell’Assunzione. I suoi sermoni, sei dei quali trattano espressamente delle feste della Vergine, configurano una piccola e completa mariologia, piuttosto tradizionale, ma non priva di freschezza e di spunti originali, geniali.


Missione unica. Antonio mostra un’indescrivibile ammirazione per la grandezza indicibile della Vergine. La sua missione è assolutamente unica nella storia del genere umano: diventare Madre verginale del Verbo incarnato. Questa vocazione ha fatto di lei una creatura eccelsa, superiore a tutti gli esseri creati: «A nessun angelo e a nessun uomo fu concessa, né mai lo sarà, tanta grazia e misericordia quanta ne ricevette la beata Vergine, che Dio Padre ha voluto che fosse la Madre del proprio Figlio... Davvero la grazia di Maria fu superiore ad ogni altra grazia: lei che, con Dio Padre, ebbe il medesimo Figlio».


Antonio si compiace di ripetere che il Figlio di Dio e il Figlio della Vergine sono la stessa persona, per sottolineare il rapporto unico che ella ha con Dio. La grandezza di Maria appare in tutta la sua sublimità proprio a causa dell’infinito dislivello tra lei e Dio. Rivolto a Cristo, egli esalta la Madre per essere stata introdotta in un mistero così incommensurabile: «È veramente beato il seno che ha portato te, o Dio e Figlio di Dio, signore degli Angeli, creatore del cielo e della terra, redentore del mondo!».

Questo dislivello infinito è stato in certo qual modo colmato dall’intervento dell’onnipotenza divina, ma pure dalla grazia di cui Maria è stata adornata. La sua partecipazione all’incarnazione nasconde risvolti arcani, per cui se da una parte la sua maternità è visibile in alcune sue manifestazioni, dall’altra essa appare «quasi velata da una certa nube», la nube del mistero divino. Uno di questi aspetti arcani è il carattere verginale della sua maternità. Antonio predica che ella «rimase nel vigore e nella bellezza della verginità allorché partorì il Figlio». Nella sua vita non fu mai scalfita dal «ferro della concupiscenza», e la sua maternità non si realizzò per effetto della libidine. Anzi egli è convinto che Maria abbia emesso un voto di verginità prima dell’Annunciazione. Grazie a questo suo stato verginale, Maria ha esercitato la sua maternità nei confronti del Figlio di Dio non solo generandolo alla vita umana, ma anche educandolo in vista della sua futura missione. Antonio arriva a dire: «Cristo sostenne la sua passione in quel corpo che fu nutrito dal latte della Vergine».


La grande Mediatrice. La Madre verginale è la grande Mediatrice: «La figlia ha portato il Padre, la Vergine poverella ha portato il Figlio!». Antonio ne è grato al Figlio: «Ci hai donato la salvezza per mano di colei che ti è figlia e madre». Questa partecipazione di Maria all’evento salvifico ha inizio già nel mistero dell’incarnazione: «Oggi il Sole di giustizia, il Figlio di Dio, entra nella nube, cioè nella Vergine gloriosa; costei diventa come una specie di arco fulgente, segno di alleanza, di riconciliazione e di pace tra le nubi della gloria, vale a dire Dio e i peccatori». Maria unisce Dio con l’uomo e l’uomo con Dio. Per questo nei suoi sermoni ricorre spesso l’esortazione appassionata ad ammirare, lodare, amare, servire e invocare la Vergine, nostra Regina, rifugio dei peccatori, stella che guida alla salvezza.

«Il tempio del Figlio di Dio, il sacrario dello Spirito Santo». Nel contemplare la Vergine Madre al centro del fulgore beatificante e nella letizia degli Angeli, Dante nel Paradiso mostra l’arcangelo Gabriele che, come all’Annunciazione, la saluta: «Ave, Maria, gratia plena», e tutta la corte celeste si associa al saluto in un crescendo di diffusa beatitudine. Boccaccio invoca Maria ornamento del cielo con i suoi «lieti sembianti» e la presenta quale «Regina degli angioli», perché gode della gloria che le viene tributata degli esseri celesti. Antonio invece chiama a raccolta tutte le schiere angeliche del cielo perché scendano sulla terra per ammirare e lodare la Madre verginale: «O Cherubini, Serafini, Angeli e Arcangeli, con il volto abbassato e col capo chino, adorate riverentemente il tempio del Figlio di Dio, il sacrario dello Spirito Santo». Perché questa chiamata a raccolta sulla terra? Per la perennità di condizione di madre verginale, Maria è lo scrigno meraviglioso dello Spirito, il tempio unico del suo creatore, il santuario di tutta la Trinità, perciò regina e signora degli Angeli. In questa cornice di totale elogio, Antonio arriva a porre sulle labbra di Gesù un’esclamazione di ammirazione e di compiacenza per la bellezza della Madre: «Come è bella nell’anima e leggiadra nel corpo la Madre mia e mia sposa!».

Se Maria immacolata è la terra dell’uomo nel cielo eterno, la Madre verginale è il cielo di Dio sulla terra. A lei la lode unanime e ininterrotta degli esseri terrestri e celesti.


Sergio Gaspari, smm

   

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